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MIELE ©Milo Manara 

Tratta da una storia dal titolo

"Il profumo dell'invisibile "

Dimensioni cm 27x 18 cm 

Numero limitato di 99 pezzi


  Cartlo Lapucci                                              

 

                                            "L’addio al mondo della Natura"

 

 

 

Lettura della china di ferro Esmeralda di Giulio Pellegrini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tre cose sono incomprensibili

 

e una quarta è un vero mistero:

 

il tragitto dell’aquila nell’aria,

 

il segno del serpente sulla sabbia,

 

la traccia della nave nel mare

 

e il cammino dell’uomo verso la donna.

 

 

 

                                                                                 (Proverbi XXX, 18-19)

 

 

 

 

 

In questa analisi si presuppone quanto da molti è ormai ammesso, o quantomeno non escluso, per inequivocabili indizi: che l’essere umano abbia in sé un dominio vasto, complesso, di memoria inconscia, personale e collettiva, di reminiscenze ancestrali, imprinting indelebili di cui la coscienza non ha padronanza, ma che pure agiscono in lui, nel pensiero e nell’attività, al di fuori della consapevolezza dell’uomo, che li vive e li esprime involontariamente, soprattutto quando, come artista, apre le gabbie degli autocontrolli, rompe le sbarre dei timori, delle opportunità, delle convenzioni e annulla i meccanismi inibitori che dominano l’individuo sociale.

 

Ce lo hanno detto le ricerche delle menti più acute: Freud con la teoria dell’inconscio, De Saussure e Levy Strauss con le strutture profonde, i test, le macchie d’inchiostro simmetriche di Rorschach,1 la narrativa col monologo interiore. Più interessante è la teoria del Grande Codice di Northrop Frye, il critico americano2 più geniale che abbia guardato alla radice della creazione artistica, afferma, sulla scorta di Blake, che “Il Vecchio e il Nuovo Testamento sono il grande Codice dell’arte”. Vale a dire che l’Occidente cristiano, a partire dall’era volgare ha mutuato, assorbito, assimilato, introiettato tanto decisamente le strutture profonde della Bibbia da farle divenire a loro volta gli schemi profondi dell’animo occidentale, qualcosa di simile agli schemi degli strutturalisti oppure alla materia dell’introiezione freudiana.

 

Questo significa che a nostra insaputa andiamo trascrivendo nel nostro tempo, aggiornando e rivivendo le vicende, ripetendo gli schemi di uno stesso libro che è a fondamento della nostra civiltà. Tutte le epoche hanno il proprio codice e gli elementi fondamentali, i principi interpretativi, le strutture, le classificazioni, le correlazioni, le tavole di valori, derivano tutti da quello: “concezioni come anima, mente, tempo, coraggio, emozione o pensiero”3 sono tutte ancorate a quel documento e da quello prendono luce e significato”.

 

Senza scomodare i saggi estetici di Freud su Leonardo da Vinci e altri, i pedagogisti sanno bene come i bambini riproducano simbolicamente le loro condizioni familiari, gli stati d’animo, i sentimenti, i rapporti con gli adulti e l’ambiente, nei loro disegni apparentemente approssimativi, stravolti, arbitrari, interpretando accuratamente i quali si può giungere ai loro problemi inavvertiti, nascosti, inespressi.

 

 

 

Cercando di chiarire paradossalmente, l’interpretazione dei ritrovamenti archeologici di civiltà sconosciute potrebbe costituire l’esempio di una condizione asettica con cui interrogare un’espressione artistica: eliminando gli elementi secondari, le incrostazioni della civilizzazione d’appartenenza, la filologia dei riferimenti storici culturali, occasionali successivi, stabilendo un contatto immediato, puntare al cuore del fondamentale messaggio, al di là anche delle intenzioni e dei programmi dell’ignoto autore.

 

Tale operazione tento di fare su questa china di ferro Esmeralda di Giulio Pellegrini. Si tratta dell’immagine d’apertura di un saluto amichevole, un omaggio a Hugo Pratt in tre tavole di Mino Manara dal titolo Rasputin.4

 

Esmeralda è un personaggio di Pratt che appare nelle storie di Corto Maltese, con cui Manara, nel 1979, introduce in una citazione evocativa, varie figure dello stesso autore, che aspettano il suo ritorno per poter continuare a vivere: ne parlano, lo ricordano e lo attendono.

 

Da questa prima scena fu tratto anche un poster dagli stessi Editori. L’altra figura che qui compare è Rasputin, personaggio storico degli ultimi anni dell’impero russo, adottato da Pratt per le sue storie, con alcuni aspetti di quello che fu il reale personaggio sconcertante della corte zarista, che finì soppresso da una congiura di nobili. La vicenda si chiude proprio con Rasputin che, nella plaga deserta della sua solitudine, seduto solo davanti al mare, dice:

 

- … e mi dirà: - Sei elegante con quell’impermeabile! … E partiremo, io e lui, per un’altra storia bellissima…

 

 

 

Siamo di fronte a una scena che avvince, senza rivelare il proprio enigma: ognuno vi trova rispecchiato il proprio mistero, che spesso coincide solo in parte con quello che vi trovano altri; pure tutti restano presi dal fondo oscuro e abbagliante di quell’immagine.

 

Considerando solo la percezione oggettiva della scena, spogliata dei riferimenti contestuali, episodici, i particolari del passaggio attraverso diverse mani, essenzializzando gli elementi, viene fuori una specie di mandala figurativo e onirico, che rappresenta efficacemente un aspetto fondamentale d’un dramma della nostra epoca.

 

Vi si legge semplicemente una donna immensa nella sua bellezza, nella sua tranquillità in una sorta di paradiso terreno di flora, di fauna, d’oggetti raffinati. Di fronte a lei, ma lontano, incerto, in una plaga abbagliante, avanza un uomo solo (che nella vicenda è Rasputin), cercando di raggiungere la figura femminile che lo sovrasta per grandezza, gloria, lontananza.5

 

Basterebbe questo ideogramma per costituire la base di infinite relazioni della coppia umana: cercheremo d’offrirne uno che ci pare essenziale. Le figure principali infatti, nella simbologia elementare dei selvaggi e dei bambini, rappresentano, come Adamo ed Eva, ciascuna la parte del proprio genere. Sempre continuando la nostra lettura, quello che stupisce è il valore sproporzionato in cui si trovano le due figure, in netta contrapposizione con il rapporto in cui le vedono le autorità culturali e morali, nonché le masse ai nostri giorni: la donna è trionfante, sicura e calma in alto e l’uomo, scomposto, affaticato, arranca verso lei come verso un miraggio. La sua ombra dice che è in un’aria assolata, le sue orme indicano una rena arida, con una sola pianta, una specie di fiore, come nell’Arcano maggiore del Matto dei Tarocchi.

 

Neppure l’antico cristianesimo esoterico, neppure la speculazione gnostica e alchemica, presentarono valori così sproporzionati dell’equazione umana. Neppure la poesia cortese, né lo stilnovo, né altre sette come i Fedeli d’amore, di cui lo stesso Dante fece parte, dichiararono, in lettura immediata, la donna così in alto, traducendo in termini artistici, figurativi nel nostro caso, la distanza smisurata che intercorre tra i due termini. Forse solo Dante è andato oltre a questo segno, indicando nella Vergine l’unica creatura del Paradiso capace di rivolgere lo sguardo in Dio, intercedendo per Dante la visione del divino.

 

Naturalmente il cristianesimo esoterico, la poesia cortese, lo stilnovo, la visione dantesca hanno visto idealmente la donna come colei che viene da cielo in terra a miracol mostrare, mentre qui non siamo nei valori trascendenti e dobbiamo attenerci solo all’immanenza.

 

 

 

Qualcosa della spiritualità di questa antica visione però permane anche nella sensibilità contemporanea e si percepisce come l’uomo vede ancora la propria vita come un compito, un dovere di realizzarsi in un perfezionamento umano attraverso una vicenda o avventura, che adombra quelle del cavaliere, dell’artefice, dell’eroe d’imprese, di fatiche, sofferenze, lotte, viaggi, al fine di uscire dalla categoria del puro elemento vivente e conseguir virtute e canoscenza.6 Più modestamente il blasone oggi è quello d’aver preso un ascensore sociale, essersi fatti da soli, essersi realizzati, venire dalla gavetta, avere origini contadine.

 

In questa visione antica, la donna invece entra nel mondo possedendo già il sigillo della grazia e l’ombra della bellezza divina: mentre l’uomo deve divenire essa già in pochi anni è donna certificata dal suo sviluppo fisico e organico. Nel mondo animale che ripete lo schema primordiale, le femmine guardano di lontano le lotte sanguinose, talvolta mortali, dei maschi che si contendono il diritto di realizzarsi, di essere tali completamente. In nessun modo invece è in dubbio la condizione elementare di femmina, il cui cammino verso lo stato completo di maternità è sicuro.

 

Stupisce guardare il regno di Esmeralda in tempi in cui la donna si considera come elemento debole, da riscattare, svillaneggiato, avvilito, violentato e ucciso, quindi ingiustamente soccombente sotto la forza e la brutalità maschile. A quali tensioni segrete può aver risposto la creazione di un simile emblema?7 Qui la donna appare in un’immagine trionfante, glorificata, quasi una realtà trascendente in un paradiso sia pure terreno, baudeleriano, e sta nel suo splendore carnale, proprio nel suo trionfo fisico dichiarato dalla nudità, mentre la controparte maschile arranca curva, sotto una chioma incolta, intabarrata e triste verso di lei, come verso una divinità.

 

Questa raffigurazione si trova proprio in un settore sensibile, culturale e artistico, quello del fumetto, dove si registrano e si enfatizzano le contraddizioni delle tensioni sociali e umane, di solito lontano da astrazioni filosofiche e da spiritualismi.

 

Come leggere questa raffigurazione che, rimandando ad archetipi omerici, quali Ulisse e Penelope, forse per questo è dotata di misteriosa forza che attanaglia una parte dell’animo, anche nel caso di persone che ignorano, o si credono lontanissime da considerazioni tra la simbologia e il trascendentale?

 

Sembra certo un fatto: Esmeralda esercita un fascino che inizialmente si crede legato alla bellezza fisica, all’attrazione sessuale, ma poi si rivela più profondo.

 

In lei, e nel suo correlato maschile, sta chiusa una cifra della nostra condizione attuale: nell’insieme rispecchia un nodo importante che sta, non nella parte attiva e cosciente della nostra mente, ma in quella zona sterminata e oscura, di cui abbiamo detto, fuori dagli orizzonti della coscienza, dove forse s’incontrano sia i germi che gli echi della vicenda umana, propagandosi in infiniti filamenti. Stiamo parlando appunto di queste oscure risonanze.

 

Osservando attentamente questa china di ferro si può trovare una sottile traccia interpretativa assai convincente, se si proietta nel mondo attuale la condizione dell’uomo e della donna. Si può avvertire allora un perché della sua stupefacente seduzione e del suo fascino che va oltre la bellezza fisica, pur concretizzandosi in quella estetica.

 

Si potrebbe rilevare che l’elemento della coppia che in questi tempi sta conquistando sempre più spazio e affermandosi in zone che gli erano un tempo interdette, è quello femminile, conquistando sempre più autonomia, responsabilità e potere, mostrando capacità che comunemente non le erano riconosciute. Ma non è questa la ragione determinante della sua prevalenza, è se mai la crisi del partener che non trova più il suo spazio.

 

Quell’uomo è un essere sperduto: è colui che ha scoperto trionfalmente l’energia atomica e ora vive ogni giorno nel terrore di esserne arso vivo; ha scoperto l’informatica e ne sta diventando rapidamente il suo schiavo; ha scoperto la manipolazione genetica e avverte di star evocando i mostri dall’inferno; si è inoltrato nello spazio, ma già si accorge che la mente è impotente a concepire dimensioni inafferrabili, fiabesche e realtà caleidoscopiche, mentre non conosce più neppure la dimensione della felicità, né la sua chimera, e non sa più nemmeno cosa chiedere al proprio destino. Per di più sta devastando la propria casa: sfrutta l’ambiente, lo deturpa, lo impoverisce e lo contamina, pensando già come abitazione ad altri pianeti, altri mondi vergini dove continuare la sua dissennata esistenza.

 

I miracoli della tecnica lo hanno sbalzato dal proprio monumento millenario: era l’elemento più forte della coppia, colui che provvedeva al mantenimento, alla protezione, difendendo la donna e la sua maternità: l’eroico lottatore che aveva trovato il suo modello in Ercole, l’intrepido viaggiatore che aveva trovato il campione in Ulisse.

 

Oggi basta una gru, un argano, una pompa, una carica esplosiva, un’arma, un farmaco, un veleno, un semplice congegno per annientare in un attimo queste prerogative. Così si è determinato un radicale rovesciamento e sovvertimento di posizioni, funzioni e valori, che ha annullato schemi millenari di comportamento che rimangono comunque radicati in quel tenebroso sotterraneo che è l’inconscio. Sono forze spesso incontrollabili, dure a morire, se mai moriranno, e potranno modificarsi solo col tempo in cui si sono formate: migliaia di anni.

 

Chi ha risentito di più di questo trauma è quindi l’uomo, che ha perduto il suo tradizionale ancoraggio con quel mondo che gli dava un posto di labile preminenza formale. Oggi, come il maschio alfa scornato e sbalzato dal suo posto di satrapo dal nuovo capo del branco, si aggira a distanza incredulo e senza rassegnarsi alla nuova condizione. Né sa trovare la strada che lo porti a un compito primario nel branco, tale che sia compatibile con la sua vecchia presunzione, con un primato che non ha più fondamento, avendo completato il ciclo biologico della sua funzione, che acquieti in qualche modo la sua istintiva e atavica volontà di dominio: tutte cose alle quali ancora non sa e non vuole rinunciare. Eppure rimane un termine ineludibile della coppia.

 

Anche la donna, sia pure con altri elementi, potenziando il ruolo di centro vitale della famiglia, attraversa questa crisi: anche lei è a uno snodo della storia della specie, dal quale non si sa come l’umanità uscirà, né se ne uscirà, ma per lei le cose stanno un po’ diversamente. Il suo radicamento alla natura è più forte di quanto sia quello dell’uomo, in quanto la vita si origina in collaborazione col maschile, ma passa poi decisamente attraverso di lei: è lei lo stampo di ogni esistenza e da qui, il fuoco, il crogiuolo, il nido, la casa e, mentre Penelope sta immobile sullo scoglio di Itaca in mezzo ai flutti, Ulisse vaga tra i marosi umani e marini, tenendo come stella polare la sua terra e la sua donna.

 

Restando nell’ordine dell’astrazione delle categorie generali, la donna condivide certo con l’uomo questo sovvertimento totale e vi partecipa, ma la sua barca non tronca mai le gomene sommerse che la legano alla vita naturale, che comunica immediatamente ai figli e continua a vivere in questi subito con l’allattamento e le cure materne.

 

Guardando alla visione arcaica del mito, che si considera maschilista, mentre abbiamo rare figure femminili della forza, come le Amazzoni o Artemide cacciatrice, abbiamo molte dee legate alla vita, all’amore, alla fecondità, alla terra, alla generazione, alla maternità, l’alma mater Era e, in cima a tutte, la Grande Madre Terra.

 

Gli studi antropologici vedono la donna come prima cultrice della terra, della coltivazione, della transizione e dell’insediamento nell’agricoltura. Non solo, ma lo stesso nome desueto del suo organo generatore è natura, Natura per eccellenza.

 

Oggi rispetto all’uomo ha una ben altra proiezione della sua figura sociale nell’organizzazione umana. Il diritto non può che riconoscerle, nel caso della divisione della coppia, la connessione inscindibile con la prole come un dato di fatto, e lei trova in questo nesso ineludibile una continuità vitale, una funzione, un senso, una realizzazione.

 

L’uomo, per sua costituzione, si è incamminato più di lei fuori della natura.8 Nel mondo che sta costruendo accanitamente con le proprie mani, neppure la sua attività generativa probabilmente sarà più necessaria: tutto potrà essere fatto anche senza di lui nel crogiuolo femminile. Ricerche biologiche hanno accertato che l’ovulo di certe specie animali può essere fecondato attivandolo con una semplice stimolazione, non necessariamente con l’intervento dell’inseminazione maschile e questo forse potrà avvenire anche per la specie umana.

 

Ciò che lo trascina in questa spericolata sfida è il suo spirito faustiano (poco condiviso da Margherita), la stessa sua caratteristica che lo ha reso l’elemento fascinoso e propulsivo della civilizzazione: la sete di conoscere, d’infrangere i limiti, scoprire, combattere, viaggiare, superare, vincere. Oggi non sa più se si trova al momento decisivo o a quello finale, tanto si è inoltrato nell’ignoto.

 

Sempre più si verifica nei nostri anni il crescere d’una rabbia, di un’insofferenza, un’aggressività maschile verso la femminilità, con eccidi che hanno preso un nome prima sconosciuto: femminicidio, gridando contro la mentalità arretrata, le ideologie, l’educazione e tanti altri fantasmi.

 

Pochi avvertono che la glorificazione di queste violenze avviene sotto gli occhi di tutti, quotidianamente, sui social e altrove con plausi e compensi e che tutto il rogo del vasto incendio si è concentrato nel sesso: l’apprendista stregone al quale le forze del mondo non si sottomettono più, non accetta che lo abbandoni anche la donna, le ossa delle sue ossa, e la incolpa di nuovo come nell’Eden: - La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto e io ho mangiato.9

 

Pochi si chiedono se un fenomeno così diffuso, atroce e assurdo possa avere radici molto più profonde di quelle poche, banali motivazioni occasionali degli algoritmi ideologici che sbandierano i giornali e le televisioni. Si tratta forse d’un terribile sovvertimento del mondo, che squassa quegli equilibri mentali che hanno retto fino ad ora la convivenza umana.

 

Il maschio vede rapidamente sommergersi nei marosi l’ultimo suo atollo di cui, secondo i canoni arcaici, credeva essere ancora l’antico signore: la famiglia cade sotto i violenti colpi della modernità, della tecnica, della funzione e lui colpisce alla cieca quello che si trova davanti, senza conoscere (anche lui) le oscure forze, infinitamente più potenti cause della sua rovina, che porta proprio chiuse in se stesso. Avverte comunque oscuramente qualcosa di questa dinamica e, dopo la distruzione della realtà più amata, quella di cui non è può fare a meno, conclude spesso la sua follia con l’autodistruzione, il suicidio.

 

Così, a nostro avviso, possiamo avere una delle possibili letture di questa tavola quasi esoterica, individuare le forze della singolare seduzione che esercita, nascondendo ostinatamente le ragioni delle sue segrete fascinazioni.

 

In questa immagine ci rivediamo tutti: l’uomo nelle vesti di Rasputin che continua il suo eterno cammino verso la donna, la carne della propria carne e le ossa delle proprie ossa,10 come dice Adamo non appena vede Eva, l’unico essere che può colmare la sua solitudine. Oggi il suo cammino è diventato un vagare cieco, una ricerca non sa di cosa, del sempre di più, con un timore di scoprire la sua rovina, di trovarsi in un vuoto deserto, sotto una nuvolaglia sinistra in cui Esmeralda appare come un sogno incredibile.

 

Lei è lassù, com’era in altri modi per i trovatori, detentrice ancora dei suoi valori naturali che ha in quanto donna e, come tale, nessuno potrà mai toglierle. La sua esuberanza, la ricchezza che le sta intorno dicono che ora è lei la base della coppia, la mano destra del cielo. La sua bellezza è il richiamo a una misura, che proprio per essere antica ed elementare, è affidabile e costante. La sua gloria e la miseria della sua controparte sono due facce della stessa medaglia.

 

Tutto l’insieme ci dice che forse quel periodo di soggiorno dell’umanità sulla terra nelle forme proposte dal Creatore della Genesi: Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra,11 si sta concludendo. Il pomo è stato staccato dalla pianta del bene e del male e tutte le implicazioni devono necessariamente verificarsi: altri miraggi abbagliano gli umani. Ulisse è ancor più ramingo; Itaca è deserta e lontana; Penelope attende, ma irraggiungibile, nel rifugio dei suoi antichi reami che le apparterranno per sempre.

 

 

 

 

 

Carlo Lapucci

 

1 Hermann Rorschach (1884-1922) ha creato, con molti anni di ricerche, un test fondamentale sull’indagine analogica del pensiero e dello stato d’animo, usando l’interpretazione che uno dà a dieci macchie simmetriche d’inchiostro, metodo le cui radici si ritrovano in Leonardo da Vinci e Botticelli. Non mi pare un caso che Rorschach sia il nome di un personaggio del fumetto Watchmen, della DC Comics, il quale indossa come maschera un cappuccio con macchie che si rifanno a quelle del test di Rorschach.

 

2 Northrop Frye, Il grande codice - La Bibbia e la letteratura, Einaudi Editore, Torino 1986, pag. 12. Scrive Northrop Frye: “L’uomo vive non direttamente e nudamente nella natura come gli animali, ma entro un universo mitologico, un corpo di assunzioni e di credenze sviluppato a partire dai suoi interessi esistenziali. Gran parte di questo universo viene conservato inconsciamente, e ciò significa che le nostre immaginazioni possono riconoscere alcuni dei suoi elementi senza comprendere a livello conscio che cos’è ciò che noi riconosciamo. Praticamente tutto ciò che possiamo scorgere di questo corpo d’interesse è socialmente condizionato e culturalmente ereditato. Sotto l’eredità culturale ci deve essere una comune eredità psicologica, altrimenti non ci sarebbero intellegibili quelle forme di cultura e immaginazione che si pongono fuori della nostra tradizione. Ma dubito della nostra capacità di raggiungere direttamente questa comune eredità, oltrepassando le qualità distintive della nostra specifica cultura. Una delle funzioni pratiche della critica… è, credo, quella di renderci maggiormente consapevoli del nostro condizionamento mitologico”.

 

3 N. Frye, Il grande codice, cit. pag. 25.

 

4 Compare in una raccolta di fumetti dal titolo Dedicated to Corto Maltese, pubblicato da Editori del Grifo a Montepulciano nel 1981, una raccolta di testi di vari autori dedicati a Corto Maltese di Hugo Pratt.

 

5 Richiama un’altra china di ferro: L’immortale, in cui un vecchio seduto in un giardino guarda una cornacchia che ha davanti, ma il riferimento porterebbe un po’ lontano da questo argomento.

 

6 Inferno XXVI, 120.

 

7 Per chi apprezza la lingua del caso in certe fortuite coincidenze il nome Esmeralda indica anche la pietra che convenzionalmente porta il colore verde erba della natura, della vegetazione.

 

8 Natura è termine desueto che indica propriamente tutto il mondo delle cose nel suo complesso: dagli atomi alle galassie, ma qui ci riferiamo a quello che normalmente denomina, tutti i fenomeni cosmici, ma visti dall’ottica terrestre e umana, nella vita minerale, vegetale e animale.

 

9 Genesi I, 12.

 

10 Genesi II, 23.

 

11 Genesi I, 28.

 

 

ESMERALDA ©Milo Manara 

Tratta da una storia breve dal titolo

"Rasputin" 1979

Numero limitato di 13 Pezzi

Dimensioni cm 100 x 40 cm